Occorre un piano nazionale, come quelli messi a punto in Francia o in Svizzera, per fronteggiare gli attacchi agli allevamenti e ai pascoli da parte dei lupi. Ad affermarlo in una nota è Coldiretti Puglia. Gli ultimi episodi hanno riguardato alcuni asini al pascolo in un bosco di Alberobello, in provincia di Bari. “Occorre”, si legge, “salvare le centinaia di pecore e capre sbranate, mucche e agnelli sgozzati e asinelli uccisi in Puglia, dove la presenza del lupo si è moltiplicata negli ultimi anni con il ripetersi di stragi negli allevamenti che hanno costretto alla chiusura delle attività e all’abbandono di pascoli”. Agli animali feriti o uccisi, precisa Coldiretti, si aggiungono “i danni indotti dallo spavento e dallo stato di stress provocato dagli assalti, con ridotta produzione di latte e aborti negli animali sopravvissuti”. Il piano nazionale dovrebbe prevedere, si legge ancora, “misure di contenimento per non lasciar morire i pascoli e costringere alla fuga migliaia di famiglie che da generazioni popolano le aree rurali più difficili dove l’allevamento è l’attività principale, ma anche i tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze pugliesi, come la pecora ‘Gentile’ di Altamura o la ‘Moscia’ leccese”. Oltre a recinzioni e cani da pastori, dunque, per l’ente sono necessarie “nuove modalità di azione” in difesa di una specie, quella dei lupi, “non più in via d’estinzione”. Per Coldiretti il vero rischio oggi è “la scomparsa della presenza dell’uomo dalle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze italiane di mucche, capre e pecore”.
Vincenzo Murgolo