Giubotto nero di pelle e occhiali scuri. Così esordisce la rockstar Luciano Ligabue in diretta su Radionorba.
Con Antonio Malerba ripercorre gli esordi a partire dal 1992 quando uscì “Balliamo sul mondo” e racconta che: “Mi fa un po’ di tenerezza rivedermi per esempio nel video: non sapevo neanche cosa dovevo fare, avevo solo due anni di esperienza dal vivo, non avevo una grande gavetta, per cui mi vedo impacciato, goffo, ma mi fa tenerezza e mi riempie di felicità ripensare a quanto sia stato bello quell’anno, perché il primo anno è sempre il più bello. Sapete, è il momento in cui arriva il successo e succedono cose grosse, le promesse che sembrano avverarsi di botto nel primo anno lo fanno diventare speciale”.
“Made in Italy” è l’11esimo disco in studio di Liga ed è 4 volte platino. Il tour prevede 55 date nei palasport che sono partite in ritardo a causa di un edema alle corde vocali che ha preoccupato i fans.
“Io me ne sono reso conto tardi, perché non mi era mai successo ed è terribile per un cantante. Ti ritrovi dopo l’influenza così e io ovviamente non mi sono fatto mancare niente perché l’ho presa in pieno alla vigilia dell’inizio del tour. L’edema è un ingrossamento delle corde vocali al punto che non hanno l’adduzione che avrebbero normalmente, non sfregano su di loro come dovrebbero: io pensavo una nota e ne usciva un’altra. Avevo bisogno di far ridurre l’edema per non creare danni più seri e con la morte nel cuore ho dovuto saltare le prime 5 date di Roma che abbiamo già messo a calendario ad aprile“.
[inpost_pixedelic_camera slide_width=”1000″ slide_height=”640″ thumb_width=”75″ thumb_height=”75″ post_id=”12603″ skin=”camera_black_skin” alignment=”” time=”7000″ transition_period=”1500″ bar_direction=”leftToRight” data_alignment=”topLeft” easing=”linear” slide_effects=”simpleFade” grid_difference=”250″ thumbnails=”1″ pagination=”0″ auto_advance=”0″ hover=”0″ play_pause_buttons=”0″ pause_on_click=”0″ id=”” random=”0″ group=”0″ show_in_popup=”0″ album_cover=”” album_cover_width=”200″ album_cover_height=”200″ popup_width=”800″ popup_max_height=”600″ popup_title=”Gallery” type=”pixedelic_camera” sc_id=”sc1488035717362″]
Per tre sere Ligabue ha cantato a Bari ed è una delle città in cui si sente a suo agio: “Mi sento bene qui anche se devo dire la verità: venendo da un periodo di influenza e difese immunitarie basse andando nei palasport devo stare attento perché sono un covo di virus per cui è un momento in cui le città che tocco con il tour le sto vivendo poco. Però veniamo da serate bellissime, come ieri sera a Bari, concerti pieni di calore e la cosa che mi piace di più è vedere il sentimento di gioia della gente che ci viene, la faccia di chi sta cantando con te le canzoni. Questo mi fa sentire a posto come se stessi facendo bene il mio mestiere. E’ una cosa che quando capita mi rende felice.”
Il pubblico di Ligabue è decisamente trasversale: “Io credo che siano i genitori che traviano i più piccoli!” dice scherzando quando Malerba gli fa notare che a Bari in prima fila c’era una bimba di otto anni. “A Reggio Calabria”, racconta, “non ho resistito alla tentazione di far cantare una bimba che avrà avuto 9-10 anni e che tutto il concerto era sulle spalle del padre e conosceva a memoria l’ultimo disco che non ha canzoni con contenuti da bambini ma mi piace che arrivino anche a loro!”
Il concerto è diviso in due momenti: nella prima parte spazio al nuovo disco, nella seconda c’è un cambio di look che “segna l’inizio di un altro momento”, spiega Luciano, “con la band in passerella proponiamo le canzoni di repertorio e abbiamo recuperato una cosa che di moda andava negli anni 90 e cioè un momento in acustico”.
Dai palasport al LigaPark cosa cambia nella dimensione live? Risponde Liga: “Gli stadi sono una cosa che prevede un tour in cui hai un approccio con la gente che è molto vago perché lo spettatore più vicino lo hai a una distanza di venti metri e separato da una transenna, gli altri puoi immaginarli. Campovolo o Monza sono pieni di emozioni perché ci si gioca tutto quella sera lì. Nei palazzetti io mi posso prendere il lusso di guardare in faccia non dico tutti ma quasi tutti i presenti o almeno percepisco i corpi e questo ci permette di essere un poco più connessi. Loro mi sentono più vicino e questa è un’ottima dimensione.”
Riko è il personaggio portante di “Made in Italy” ed è protagonista della storia narrata nel disco: “Lui vive un disagio, poi ne esce, vive una profonda crisi personale dovuta a tanti aspetti dalla mezza età al fare per troppo tempo le stesse cose, è incavolato per le tante cose che non funzionano e vive un viaggio che non risolve i suoi problemi ma lo fa maturare e gli fa avere uno sguardo diverso e vedere le cose con consapevolezza”.
Il suo è un disco dedicato all’Italia: “Il mio paese io lo amo e che si sappia… e non ne posso più del fatto che non si trovi il modo di risolvere i suoi atavici problemi. Ho una sorta di frizione emotiva tra amore e odio per l’Italia e per questo ho bisogno di raccontare questo sentimento. La mia prognosi per questo paese malato è che vediamo tutti quanti che siamo un catino di bellezza ineguagliabile, ereditato e lo vediamo buttato via dall’incapacità di gestire questo paese. Io non mi rassegno a questo e ho bisogno di raccontarlo”.
Cosa ne pensa Ligabue del momento politico complicato che vive l’Italia? “Diciamo che è un momento di confusione, magari siamo un laboratorio in questo momento e dobbiamo capire meglio dove si vuole andare a parare, ma in questa fase c’è molta confusione”.
Qual è il segreto per essere sempre al top e fare album e dischi che di sicuro saranno numeri uno? “Non ho nessuna ricetta, l’unico modo è affidarsi alla creatività. Io devo solo pubblicare le cose che scrivo e sento di dover scrivere perché ho bisogno di scrivere quelle determinate cose nel contesto che vivo. Poi è impossibile dire se quell’argomento di cui scrivo interesserà o meno o se quella melodia che ho pensato arriverà alla gente. Di sicuro sono stato anche molto fortunato ma una ricetta per il successo non c’è, anche perché se ci fosse….”, ammicca sorridendo.
Come sono state scelte le canzoni della scaletta del repertorio? “Le canzoni vengono cambiate ogni sera, non c’è mai una scaletta uguale due sere. Le rimescolo e le sposto di continuo, per fortuna il repertorio c’è! ogni sera abbiamo un concerto diverso almeno nella seconda parte, perché già la prima dedicata al disco nuovo è fissa, la seconda cerchiamo di variarla anche per noi”.
Com’è Ligabue nella vita normale di tutti i giorni? “Faccio una vita abbastanza tranquilla fuori dal palco. Esco con i miei amici ma invece di andare al pub abbiamo una casa di campagna per cui paghiamo l’affitto da tanti anni, siamo in 25, lì abbiamo ricostruito un bar con il biliardino per cui mega tavolate, risate, discussioni politiche, giochi a carte e soprattutto quello è il posto dove rido di più”.
Ligabue è un grande tifoso dell’Inter e l’intervista su Radionorba arriva alla vigilia di Inter-Roma: “Essere tifoso dell’Inter non è adatto a un cardiopatico!”, scherza. “Per fortuna ora è stato fatto un lavoro molto buono per cui l’anima della squadra ma domani sarà una partita difficilissima contro la Roma che ha fiducia in se stessa”.
Tra tre anni Liga compie trent’anni di carriera: sta già pensando a come festeggiare? “Nooo, non ci sto ancora pensando”, dice. “Anche perché ora ho avuto da fare per preparare “made in Italy” che è stato per me un progetto completamente nuovo perché è un concept album e fare un lavoro di questo tipo oggi quando la gente ha a malapena il tempo di ascoltare una canzone singola è un lusso . E’ stato un lavoro pensato per chi voleva qualcosa di più di un disco ma per chi voleva anche una storia. Sono molto soddisfatto di come lo suoniamo dal vivo e di come esce nei live, sto seguendo altri progetti collaterali che non posso dire, non sto quasi mai fermo ma ai trent’anni ancora non ci ho pensato”.
Prima di lasciarlo andare Malerba chiede a Ligabue di dire durante il concerto di stasera a Bari “Uagliò si ffort” in barese al pubblico presente al Palaflorio di Bari. Luciano fa una prova in diretta e poi a Malerba dice: “Ou, se mi rispondono poi vengo a trovarti!“.
Angela Tangorra