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Ville, quadri d’autore e zanne d’elefante: l’eredità di Armani. E la società dovrà entrare in borsa o essere venduta ai big del lusso

“Il mio ritratto di Andy Warhol a Leo”, mentre il quadro di Matisse e la foto della mano di Man Ray alla sorella Rosanna. “Re” Giorgio Armani ha lasciato le opere d’arte più importanti che arredano la sua casa-museo in via Borgonuovo, a Milano, al suo braccio destro e compagno di una vita, il pugliese Pantaleo Dell’Orco, e alla sorella.
Un patrimonio che, come descrive il testamento dello stilista aperto tre giorni fa, ha lasciato ai suoi parenti più stretti e a Dell’Orco, che è destinatario di alcune proprietà, e ha il diritto di usufrutto in molte dimore.
Dalla villa di Pantelleria al rifugio in campagna a Broni, nell’Oltrepò pavese, alle case di Saint Moritz, Parigi, Saint Tropez, New York fino alla dimora di Antigua. Alcune di queste ‘oasi’, è una delle condizioni, dovranno essere messe a
disposizione di Michele Morselli, il ceo de L’Immobiliare srl e molto vicino allo stilista, della figlia e della compagna per le vacanze e anche della nipote Roberta Armani.
Sul palazzo-museo milanese con 101 stanze, che definiva “il centro del mio universo”. disponendo che gli arredi e gli ornamenti, con l’eccezione delle opere di Matisse e di Man Ray, “non vengano rimossi da dove si trovano” e rimangano come complemento dell’immobile “finché Leo voglia viverci”, ha stilato un elenco preciso di alcuni oggetti da collezione con i destinatari. Alla sorella un tavolo di Sottsass, un secretaire cinese e pure due zanne di elefante; a Dell’Orco la statua di una tigre, un orso e una pantera in bronzo insieme tra le altre cose ad animali di metallo, a
tappeti giapponesi e a una scrivania in legno scuro di JM Frank.
A Morselli, un grande tavolo in mogano con le gambe in oro, un altro tavolo a ‘Z’ in legno chiaro e, tra l’altro, “tutti i
mobili realizzati in pergamena” anni ’30/’40, una poltrona in finto animale e un’altra di cavallino arancio. Alla nipote
Roberta, invece, due paraventi giapponesi beige e neri, una mensola giapponese e due cavalli in terracotta. Le auto d’epoca vengono divise tra Dell’Orco e Morselli, mentre alla Fondazione Giorgio Armani gli arredi del piano terra della sua residenza milanese come un grande quadro con gli stilisti, poltrone e divano in pelle e legno e un grande tavolo a quadretti.

Vendere la Giorgio Armani Spa o quotarla in Borsa è la strada dettata dallo stilista ai suoi eredi per il futuro della sua azienda da 2,3 miliardi di fatturato e 10.000 dipendenti. Alla Fondazione Giorgio Armani, creata 9 anni fa, lo stilista ha girato la sua quota del 99,9% nella società dando l’usufrutto sul 90% al suo compagno e braccio destro Leo Dell’Orco, ai tre nipoti e alla sorella Rosanna, quest’ultima al pari di Roberta Armani senza diritti di voto. Ma ha imposto all’ente l’onere testamentario di cedere una prima tranche, pari al 15% del capitale, già tra un anno o al massimo un anno e mezzo a partire dall’apertura della successione. ‘Re Giorgio’ ha indicato pure l’acquirente ideale citando “in via prioritaria” Lvmh, EssilorLuxottica e L’Oreal, tutti onorati ma presi un po’ di sorpresa dal conoscere le sue ultime volontà. Oppure un altro gruppo “operante nella moda e del lusso di pari standing” dei tre big dando “priorità per i
gruppi con i quali la società già intrattiene rapporti di partnership”. Essilux è uno di questi e il 2% è stato assegnato
da Armani direttamente a Dell’Orco e ai familiari e quote minori ad altre persone a lui gradite.
Lo stilista ha stabilito che fra 3 o al massimo 5 anni la Fondazione venda allo stesso acquirente un altra tranche del 30% o al massimo il 54,9% per arrivare quindi a cedere alla fine sino al 69,9 per cento. Se non verrà imboccata tale strada, l’alternativa indicata dallo stilista è lo sbarco a Piazza Affari o su un altro listino fra 3 o al massimo 5 anni su richiesta di Dell’Orco o del nipote Andrea Camerana, figlio di Rosanna, o di Silvana Armani, figlia – come Roberta – del defunto fratello Sergio. Se non verrà avviata tale iniziativa la Fondazione dovrà portare l’azienda in Borsa “in ogni caso” fra 5 o al massimo 8 anni. Qualsivoglia dei due percorsi verrà imboccato, l’ente è destinato alla fine a rimanere come azionista di minoranza mantenendo comunque almeno il 30,1% dell’azienda.
Ogni passo, a partire da quello già fatto per portare la Fondazione al 100% della Giorgio Armani Spa (di cui aveva lo
0,1%) o ancora da compiere, prevedono quote, diritti di voto e di governance differenziati in base alle azioni di tipo diverso, dalla A alla F, attribuite a ciascun erede, e una nuova categoria che verrà aggiunta quando entrerà un nuovo azionista ‘industriale’. In ogni caso nel testamento vengono indicati i nomi di un notaio e di un avvocato come componenti del comitato di sorveglianza che “vigilerà e agirà affinché gli oneri a carico della Fondazione”, che non sono semplici raccomandazioni, vengano adempiuti.
Preso atto che in base al testamento ogni scelta strategica è demandata a Dell’Orco e alla famiglia, con il supporto della Fondazione”, il comitato esecutivo dell’azienda è intervenuto per sottolineare che l’ente avrà come primo compito la nomina di una amministratore delegato, incarico ricoperto fino alla sua scomparsa da Giorgio Armani che era anche presidente dell’azienda da lui fondata 50 anni fa. Per il board della Fondazione lo stilista ha intanto indicato il nipote Andrea e il notaio che lo ha affiancato anche nel testamento, Elena Terrenghi.

Stefania Losito

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