Via all’utilizzo di 200mila ettari coltivabili in Italia per la semina di mais, soia e girasole. In Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il provvedimento dell’Unione europea che serve a ovviare al problema dell’importazione delle materie prime per pasta e pane in clima di guerra e ridurre la dipendenza dall’estero. Bruxelles, con il provvedimento che in Europa coinvolge quattro milioni di ettari, elimina il vincolo del riposo obbligatorio ai terreni. Si tratta, dunque, di una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione. Coldiretti spiega che è una decisione importante per l’Italia che acquista mais sui mercati esteri per oltre 6 milioni di tonnellate provenienti prevalentemente da Ungheria 30% (1,85 milioni di tonnellate), Slovenia 13% (780 mila tonnellate) e Ucraina 13% (770 mila tonnellate), secondo lo studio Divulga. Sono partite così le prime semine, tra costi elevati e paura per la siccità che pesa soprattutto al nord dopo un inverno che ha lasciato l’Italia con un terzo di pioggia in meno e precipitazioni dimezzate. La decisione dell’Unione Europea di liberare per la coltivazione 4 milioni di ettari aggiuntivi in Europa dei quali 200mila in Italia dovrebbe consentire all’Italia di aumentare di 15 milioni di quintali la produzione di cereali necessari per ridurre la dipendenza dall’estero.
Tra le problematiche dei nuovi raccolti primaverili, però, ci sono anche “i forti aumenti di costi con più di 1 azienda agricola su 10 (11%) in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo. I maggiori incrementi percentuali di costi correnti (dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi fino al +129% per il gasolio) – continua la Coldiretti – sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato”.
“La situazione climatica – sottolinea Coldiretti – rischia, di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, con i raccolti nazionali che coprono rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga”.
“Tra pochi mesi iniziera’ la raccolta del grano seminato in autunno in Italia dove – precisa la Coldiretti – secondo l’Istat
si stimano 500.596 ettari a grano tenero per il pane, con un incremento dello 0,5% mentre la superfice del grano duro risulta in leggera flessione dell’1,4% per un totale di 1.211.304 ettari”. “Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione per salvare aziende e stalle” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali”.
Stefania Losito