“No seas egoista! No seas egoista!”. Papa Francesco, a Morelia, in Messico, saluta la folla, stringe le mani, a un certo punto un ragazzo lo tira così forte da fargli perdere l’equilibrio. Il Papa finisce addosso a un ragazzo che è su una sedia a rotelle. Si rialza e con sguardo severo rimprovera chi lo ha strattonato: “No seas egoista! No seas egoista!”. Non essere egoista, non volere il papa tutto per te. Francesco non lo rimprovera per avergli fatto perdere l’equilibrio ma per aver tentato di appropriarsi del Papa, un atto non di amore ma di egoismo. La scena e le parole sono state riprese in tv facendo il giro del mondo. E quel rimprovero, “no seas egoista! no seas egoista!”, montato a ripetizione è diventato quasi un verso di una canzone rap. Miracoli della comunicazione che solo Papa Francesco è in grado di fare. Un rimprovero diventa insegnamento. Messaggi spontanei, come in questo caso, ma di una semplicità unica che arrivano nella testa e nel cuore delle persone. Come quando, commentando l’attacco terroristico alla redazione del giornale satirico francese Charlie Hebdo da parte di presunti islamici estremisti ,offesi da alcune vignette ritenute offensive nei confronti di Maometto, spiegò ai giornalisti che se uno “dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno”. Oppure rivolto alle coppie: “Tiratevi pure i piatti ma poi fate pace”. Insomma anche il Papa, come noi, perde la pazienza: “Mi arrabbio – ha confessato recentemente Francesco – ma non mordo. Delle volte mi arrabbio, quando qualcuno fa una cosa che non va bene, ma mi aiuta fermarmi e pensare alle volte che io ho fatto arrabbiare gli altri”. Ecco, si, Francesco non proprio come noi, ma quasi. Ma lui è un Papa.
Maurizio Angelillo