Immaginate la canzone degli Stadio, “Un giorno mi dirai”, vincitrice di Sanremo, cantata da Vasco Rossi? Perché quella canzone Gaetano Curreri, leader del gruppo, l’aveva scritta proprio per Vasco. “Certo – racconta Curreri – che suona strana la nostra vittoria quando il mondo discografico ha così tanto investito sui talent, credo sia piaciuta la canzone, che io avevo pensato per Vasco, ma che era rimasta per un po’ senza testo. Mi viene da dire che questa vittoria ce la siamo sudata con anni di musica”. E in effetti è una canzone che con la voce del Komandante sarebbe ideale, senza nulla togliere agli Stadio che ancora devono capacitarsi della vittoria. “Ancora adesso – confessa Curreri – non ci credo che abbiamo vinto, anche se Vasco ce l’aveva detto: andate a Sanremo e spaccate. Ma non ci abbiamo mai creduto. Abbiamo anche festeggiato la sera prima perchè non ci avevano escluso, la vittoria è stata una cosa pazzesca, adesso per qualche giorno ci divertiamo a fare le star, poi torniamo alle nostre cose”. Vittoria meritata e in sintonia con i gusti del pubblico. Dopo 66 edizioni il festival si è allineato con il sentire delle generazioni contemporanee. Le vecchie generazioni forse non avranno gradito mentre apprezzavano i vincitori delle edizioni passate, dove spesso erano gli ultimi a sfondare sul mercato (ricordiamo soltanto Vasco Rossi e Zucchero, entrambi finiti, nel 1982, in coda alla classifica). Oggi l’allineamento festival-pubblico è quasi perfetto e copre, nei gusti, una fascia d’età che va dai quindicenni ai sessantenni. Dagli Stadio, formatisi nelle radio per strada e negli studi, alla Michielin, ventunenne, scoperta, come tanti suoi coetanei, nei talent. Insomma: “generazioni di fenomeni”.
Maurizio Angelillo