Spettacolare cerimonia di apertura in Giappone. L’Italia sfila festosa. Presente la “Refugee Team” che riunisce gli atleti senza patria, rifugiati politici
Il mondo in uno stadio. Finalmente il mondo unito nuovamente nel segno del bello. E pazienza se tocca convivere con l’allarme contagi. Tokyo accoglie il mondo di atleti, operatori, delegazioni che partecipa alle olimpiadi che dovevano essere disputate un anno fa.
Si è svolta nello stadio olimpico della città giapponese la cerimonia di inaugurazione che con un impianto scenico senza pubblico, per via delle restrizioni, ha raccontato l’unione die cinque continenti.
Uno spettacolo di luci, danze, musiche e colori che mostra come il mondo possa essere sempre unito e che siamo tutti uguali, pronti a suonare una sinfonia unica, come fossimo strumenti di una unica grande orchestra.
E’ proprio una orchestra che si accomoda a simboleggiare il mondo dello sport: le immagini alternano orchestrali e strumenti che si accordano con atleti che fanno un respiro profondo e prendono concentrazione prima della loro prestazione. Una bambina sale sul podio a dirigere l’orchestra mentre la voce fuori campo annuncia che è arrivato il momento di far sfilare sul campo dello stadio gli atleti provenienti da tutto il mondo, loro che hanno dedicato ogni momento della loro vista negli ultimi 4 anni ad allenarsi per essere presenti a questo appuntamento. Allora ti vengono in mente le lacrime di un anno fa dei nostri campioni come Gianmarco Tamberi, Federica Pellegrini quando si apprese che le olimpiadi sarebbero state rinviate.
I nostri campioni, come quelli di tutto il mondo, hanno vissuto un anno di tensione e ci hanno insegnato che aspettando, allenandosi con spirito sportivo e sacrificio sono stati pronti per la loro olimpiade. Per qualcuno sarà la prima, come per la nuotatrice tarantina Benedetta Pilato, per qualcuno l’ultima, come lo schermidore Aldo Montano. Ma per tutti è l’olimpiade della rinascita e della vita ritrovata.
Colpo d’occhio fantastico degli italiani che fanno la loro entrata nello stadio festosi e portando la loro gioia di vita e la loro felicità per il ritorno alle gare. Emoziona più di tutti la “Refugee Team” che riunisce gli atleti rifugiati politici di tutto il mondo. Sono 29 e sono africani, sudamericani, siriani e afghani. Hanno gli occhi lucisi quando entrano nello stadio e non puoi fare a meno di pensare che loro, più di tutti in quello stadio, sono i vincitori veri. Loro a cui lo sport darà la possibilità di riscattarsi dalle storie di persecuzione da cui arrivano.
Angela Tangorra
Foto dal sito www.coni.it