Stava pulendo un nastro trasportatore, di quelli che trasporta combustibile per alimentare l’altoforno numero 4, quando il rullo ha ricominciato a girare inghiottendolo. E’ morto così, nell’Ilva di Taranto, Giacomo Campo, 27 anni, di Roccaforzata, dipendente di una ditta di Manduria che lavora all’interno del centro siderurgico. I sindacati accusano: quel nastro si era rotto durante la notte e la ditta era stata allertata già alle 5 del mattino, ma prima di iniziare le pulizie della superficie si attendeva l’arrivo di una gru che avrebbe messo in sicurezza l’impianto. Ma alle 7, anche senza gru, si è deciso di procedere. Chi ha deciso? Ecco cosa dovrà accertare la magistratura. Intanto l’Ilva assicura che all’impianto era stata tolta la corrente e che ha già avviato accertamenti interni per capire cosa sia accaduto. Tuttavia l’ennesima morte nell’Ilva, oggi gestita direttamente dallo Stato attraverso commissari nominati dal governo, ha scosso il mondo politico e sindacale. Il vice ministro allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova, si è precipitata subito a Taranto dove ha presieduto in Prefettura un vertice con i sindacati.
MATTARELLA: NON E’ AMMISSIBILE
“Non e’ ammissibile che non vengano adeguatamente assicurate garanzie e cautele per lo svolgimento sicuro del lavoro”. Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, pronuncia parole durissime: “Ogni morte sul lavoro costituisce – dice – una ferita per l’Italia e una perdita irreparabile per l’intera società”.
EMILIANO: RABBIA INCONTENIBILE
A poche ore dall’incidente irrompe il governatore Michele Emiliano con un attacco frontale all’azienda e al governo: “Il dolore della Puglia diventa rabbia incontenibile – scrive su facebook – la fabbrica è troppo vecchia e insicura ma – aggiunge Emiliano – la nostra voce non arriva alle orecchie di chi ha il dovere di ascoltarla. La vergogna ricada su chi ha impedito per legge alla magistratura di pretendere la messa in sicurezza dello stabilimento con legge dello Stato, la stessa vergogna – conclude il governatore – ricada su coloro che consentono per legge il funzionamento della fabbrica che uccide i tarantini con il suo inquinamento”. Una legge che, secondo Emiliano, è incostituzionale.
CORDOGLIO E RABBIA
Tutti i partiti esprimono cordoglio ma anche critiche alla gestione dell’azienda, oggi in mano allo Stato. Il senatore, Dario Stefano, del gruppo Misto, richiama l’obbligo morale di garantire la massima sicurezza, soprattutto in una azienda gestita dallo Stato. Norme più severe per la sicurezza sul lavoro chiede Forza Italia. Bonelli dei Verdi ricorda come siano 500 i lavoratori che hanno perso la vita da quando l’Ilva è stata aperta negli anni sessanta. I Conservatori e riformisti sottolineano come la gestione del governo sull’Ilva non risponda con rapidità alla richiesta di sicurezza. Per il Movimento 5 Stelle l’Ilva deve essere chiusa perché è una fabbrica di morte. Il partito democratico pugliese chiede che i responsabili di questo incidente vengano puniti.
LA CHIESA: LA SITUAZIONE E’ GRAVE
Anche la Chiesa di Taranto fa sentire la sua voce sulla morte del giovane operaio nell’Ilva. L’arcivescovo, monsignor Santoro, si rivolge a “chi ha potere e competenza” chiedendo di procedere al risanamento e alla riconversione del centro siderurgico. “Auspico – scrive in una nota monsignor Santoro – una presa di coscienza oggi, immediata, fattiva e concreta della gravita’ della situazione della grande industria nel capoluogo ionico”. L’arcivescovo invita tutti i parroci tarantini a ricordare il giovane operaio durante l’eucarestia.
Maurizio Angelillo