Concorso in naufragio e omicidio colposo plurimo. Sono queste le ipotesi di reato per cui risultano indagati il comandante del rimorchiatore affondato mercoledì sera, Giuseppe Petralia, 63 anni unico sopravvissuto all’affondamento, e Antonio Santini, 78 anni, armatore del rimorchiatore. Il naufragio si è verificato mercoledì sera a 50 miglia dalla costa barese, in acque internazionali. Il mezzo era partito da Ancora ed era diretto verso Durazzo, in Albania.
Il comandante catanese, Petralia, è ancora ricoverato sotto shock nell’ospedale “Divenere” di Bari, mentre l’armatore romano, Santini, è il legale rappresentante della società “Ilma” di Ancona proprietaria del rimorchiatore e del pontone.
Intanto è stato sottoposto a sequestro probatorio il pontone AD3 che viaggiava a traino del rimorchiatore Franco P.
Il decreto di sequestro, firmato dalla Procura di Bari, è stato notificato dagli uomini della capitaneria di porto
quando il pontone è attraccato nel porto di Bari. Il relitto del rimorchiatore si trova a circa mille metri di profondità a 50
miglia dalla costa pugliese.
Sul naufragio è stato ascoltato nelle scorse ore il comandante del pontone AD3, Carmelo Sciascia, che ha raccontato gli attimi che prima della tragedia: “Hanno imbarcato acqua in modo tanto rapido che non ce l’ha fatta a mantenere la linea di galleggiamento ed è andato giù a picco”.
Sciascia è uno degli 11 testimoni oculari del naufragio. Ha risposto a poche domande dei cronisti prima di essere sentito dagli uomini della capitaneria di porto che su delega della procura stanno raccogliendo le testimonianze dei componenti dell’equipaggio.
“Ho visto tutto e niente – ha aggiunto -. Ho detto io di buttarsi in acqua, ma non ce l’hanno fatta i ragazzi e sono andati giù” ha detto. Secondo il comandante le condizioni meteo “c’entrano fino a un certo punto, perché c’era mare, 3 metri e mezzo di nord est e vento”.
Sciascia ha chiarito che il comandante del rimorchiatore affondato, Giuseppe Petralia, “non lo abbiamo visto, lo ha preso una nave che ho chiamato io per avvicinarsi e prenderlo perché vedevamo una lucetta, perché i giubbotti hanno le lucette che si accendono quando si arriva in acqua. Se il personale – ha aggiunto Sciascia – avesse indossato i giubbotti si sarebbero salvati tutti, ma non ci sono riusciti perché è stata troppo rapida la cosa e adesso si deve capire perché è stata così rapida”.
Anna Piscopo