“Colpevole di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale”: con queste parole il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, ha concluso il calvario giudiziario durato 14 anni. Julian Assange si è dichiarato
colpevole davanti alla giustizia americana nel tribunale di Saipan, sulle Isole Marianne Settentrionali, territorio Usa
nell’Oceano Pacifico. L’ammissione del 52enne fondatore di Wikileaks faceva parte del procedimento del patteggiamento concesso dal presidente americano Joe Biden, che gli ha permesso di partire per la sua Australia da uomo libero.
Abito scuro, cravatta ocra, i capelli bianchi pettinati all’indietro, in aula Assange era calmo e ha persino scherzato con la giudice Ramona Manglona che stava “aspettando l’esito dell’udienza per ritenersi soddisfatto”. Poi è stato condannato a cinque anni e due mesi, esattamente il tempo già trascorso nel carcere di massima sicurezza vicino Londra. Un rito necessario ma formale, tanto più che l’australiano ha firmato il patteggiamento il 24 giugno nel Regno Unito, prima di salire sul jet privato pagato con una raccolta fondi da oltre mezzo milione di dollari. “L’ho letto a fondo”, ha dichiarato a proposito dell’accordo. E quando il giudice gli ha chiesto cosa avesse fatto per commettere il reato di cui è accusato, Assange ha risposto: “Ho incoraggiato la mia fonte a fornire informazioni classificate al fine di pubblicarle. Credo che il Primo emendamento protegga tale attività…”. Il fondatore di Wikileaks non ha quindi rinunciato a togliersi un sassolino dalla scarpa, sottolineando che a suo parere “il Primo emendamento e l’Espionage act sono in contraddizione tra loro, ma accetto che sarebbe difficile vincere una causa del genere date tutte queste circostanze”.
La moglie Stella ha ammesso che “non erano sicuri fino alle ultime 24 ore che ciò stesse realmente accadendo”. Il governo di Canberra, che da mesi faceva pressione su Washington per arrivare a questa conclusione, ha affermato che il caso “si è trascinato troppo a lungo”. Il premier Anthony Albanese ha definito “uno sviluppo gradito” l’accordo raggiunto tra la giustizia Usa e Assange.
Assange però non potrà tornare negli Stati Uniti a meno che non gli venga concesso il permesso, ha annunciato il Dipartimento di Giustizia americano dopo il patteggiamento e la messa in libertà del fondatore di Wikileaks.
“In conformità con l’accordo di dichiarazione di colpevolezza, ad Assange è vietato tornare negli Usa senza autorizzazione”, ha affermato il ministero.
Stefania Losito