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Ex Ilva di Taranto, la Corte di giustizia europea: “Se pericolosa, va sospesa”. Il governatore Emiliano: “Sentenza epocale”

Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria ex Ilva di Taranto dovrà essere sospeso. Spetta al Tribunale delle Imprese di Milano valutarlo. Dalla Corte di Giustizia europea arrivano tre no ai quesiti posti dal Tribunale delle imprese di Milano sull’interpretazione della normativa europea in materia di emissioni inquinanti in relazione alle norme italiane. La decisione deriva da un ricorso collettivo contro il siderurgico promosso da 10 cittadini dell’associazione Genitori Tarantini e da un bambino di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica. Gli stessi giudici ricordano che nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato come l’acciaieria provocasse effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute. La legislazione nazionale non può quindi prorogare per tanto tempo l’applicazione della direttiva ambientale del 2010, come invece avviene da anni.  I ricorrenti chiedevano nella loro azione innanzitutto la «cessazione delle attività dell’area a caldo», la «chiusura delle cokerie fino all’attuazione delle prescrizioni» dell’Aia e la «predisposizione di un piano industriale che abbatta le emissioni di gas serra di almeno il 50%». Numerosi abitanti della zona hanno infatti agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento dell’esercizio, per il rischio alla salute delle emissioni e affermando che l’installazione non è conforme ai requisiti della direttiva sulle emissioni industriali. Il Tribunale di Milano ha quindi adito la Corte di giustizia dell’Ue chiedendo se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria di Taranto al fine di garantirne la continuità siano in contrasto con la direttiva stessa.

Per il tribunale di Lussemburgo la nozione di “inquinamento” ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria ex Ilva deve quindi costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti da tale direttiva. E nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso.
Varie misure per la riduzione del suo impatto sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti. Per la Corte, tra l’altro, il gestore di un’installazione deve fornire, nella domanda di autorizzazione iniziale, “informazioni relative al tipo, all’entità e al potenziale effetto negativo delle emissioni che possono essere prodotte dalla sua installazione”. “Solo le sostanze inquinanti che si ritiene abbiano un effetto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente possono non essere assoggettate al rispetto dei valori limite di emissione nell’autorizzazione all’esercizio”.
“Contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal governo italiano – afferma critica la Corte – il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti”.

“Oggi è un giorno memorabile non solo per la comunità di Taranto, ma per tutti i cittadini dell’Unione europea”. E “la Regione Puglia condivide pienamente l’orientamento della Corte di Giustizia perché le esigenze della produzione non possono prevalere sulla tutela della salute e dell’ambiente”. Lo sottolinea il governatore pugliese Michele Emiliano commentando la sentenza della Corte Ue. Emiliano parla di una “sentenza epocale”. “Vedremo – conclude – se lo Stato italiano ottempererà agli obblighi imperativi e non più procrastinabili stabiliti dall’Unione europea”. 

Stefania Losito

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